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QJI I N T ©. 71 Eccovi il capo mio. Ciò che a me il traile, Fu defir, eh’ io tua forti. Ne ho comandi, e ne ho preghi. E tua farò, quando al crudel tuo fato Sopraviver io poifa un fol momento. Con tal fede il lafciai. Se. Meride , . . . O Dio ! Perchè non ho più vite ? Ah ! ne ho una iola Per te ; nè potrò darla ? Ni. Non difperarti. In van l’attendi. Sire, Di tua bontà qui fi fa icherno ancora. Er. Ei vien . , . Pi. Ma tardo ; e Selinunte mora. Er. Noi no. Chi più di me degno è di morte? Fu Timocrate uccifo? Io diedi il cenno. Selinunte è qui ortaggio ? Ho core anch’ io Per offrirmi in fua vece. Morte fia pena, o dono, Rea per foffrirla, o generofa io fono. Se. Si mal ti fi ubbidifee? Il tempo, il luogo Quello è del mio trionfo. Ov’ è ’l miniftro? Chiuder meglio non porto i giorni miei.