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QJI ARTO. 57 Di Seimunte è dono. ! Deh ! Renditi a ragion. Renditi a’ prieghi. ' t §ia ’l caro amico ad Ericlea conforte. Tua fe mel giuri ; e vo contento a morte. I Er. A te morte? a me nozze? A te feretro ? A me talamo ? E ’l credi? E mel configlj ? Uccidimi, o crudel, lènza oltraggiarmi. Me. Orsù : reità, Ericlea : rimanti,ingrata.(F«ro.) j Non con addio di pace, Ma d’ira, e di dolor Meride lafcj Te per l'ultima volta. Io noi credea, nè ’l meritava. Er. Afcolta. f Lo ferma.) Me. No. Volano i momenti,e per te fono(ft« fiero.) Già mi fero abbaftanza. Er. Senti. Me. Vivrai? Er. Noi fo. Me. Sarai ? .... Er. Se lo potrò. Me. Di Selinunte ? Er. O Dio 1 (Venfofa, e poi | Sarò .... di morte. rifolut<*.) i Er. Fermati, Me. Sei crudel. Me. Lafciami. Er. Son fedel. Me. Che pertinace cor ! Er. Che barbaro difio ! a 2, Che iniqua fotte ! Er. Senti, &c. , Er. Cedo, Meride, cedo. Me, O al fin giulta Ericlea! | Er. Là ti precedo, D 5 Ove