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TERZO. 43 Non impor foffèrenza a i nuovi infilici. Egli volle morire. Al fàcro patto Di una pace giurata io non mancai: In lui, che il profanò, lo vendicai. Di. Ingiurie tu pretendi; Ed io veggo ferite ; e veggo in effe Il mio fprezzo,e ’l mio danno ; e ne avrai morte. Se, Gran Re, che di giuftizia il vanto porti, '» E di clemenza ancora, A miei non già, di Meride a 1 trionfi . . . . Dì. No, no : tutti cancella L’ultima offefa i beneficj antichi. Oggi morrà. Diedi mia fède, e a quella, Se la fprezza un valfallo , il Re non manca. Me. Tu’l vuoi. Giuda è la pena. A te dilpiacqui. E quella è la mia colpa. NonVì cangj il lùpplicio: Nè fi ritardi. Un fol favore imploro. Dì. E che? Me. Sol per brev’ora Ufcir di Sitacufa. 3 Ritornerovvi, anzi che cada il giorno, E porterò fotto la fcure il capo. Di. Qual pegno lafcerefti De la vita più caro ? Me. Mia fede. Di. A cui mancarti ? Me. Scortinmi i tuoi cuftodi. &i> Facile è guadagnar l’anime vili, n Se.