«9 A T T O II. /SCENA X. Semiramide, poi Scitalce fenZa Jpada. Sem. Q’ avanzi il prigiouier. Più non pois 5 io O Coli 5 Idof mio diffimular l 5 affetto Scit. Eccomi, che fi chiede? a nuovi oltraggi Vuoi forfè efpormr, o di mia morte è r ora? Sem. E come ai cor di tormentarmi ancora i Deh non fingiamo più: dimmi che vive Nel petto di Scitalce il cor d’ Idreno, Io ti dirò, eh 5 in fèno Vive del fìnto Nino Semiramide tua ; Che ancor l 5 ifteffa io fono. Torna, torna ad amarmi, e ti perdono* Scit. Mi perdoni! e qual fallo? Forfè i tuoi tradimenti ? Sem. Udite, Se moftra de fuoi falli alcun rimorfò? Io priego, egli m’infùlta j Io tutta umile, egli di fdegno accefo; La colpevole io fembro, edei l 5 offefo. Scit. No, no, la colpa è mia, pur troppo io lento Rimorfi al cor: ma fai di che? d’ un colpo Che lieve fù , che non t 5 uccife allora. Sem. Barbaro non dolerti, ai tempo ancora. Eccoti il ferro mio, da te non cerco. Difendermi o crudel, laziati, impiaga» PatTami il cor; già la tua mano apprefe Del ferirmi le vie. Mira? lòn quelle' JL 5 orme del tuo furor, ti volgi altrove ? Riconofcile ingrato, c poi nài fvena. Scit, Và, non ti credo. Sem. OCrudeltadcl o pena! Sem