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ATTO II. Tarn, II dubbio, o Prenci, in cui fin or m’ involiti . L’ eguaglianza de merti, Dilcioglie il genio, e non offende alcuno, Se al talamo, ed’ al trono L’un, o l’altro loleva. ' Ecco lo /polo, e il Re : Scitalce beva. Sem. (lo lo previdi.) (pof* /<* tazzaavvititiSeìtalce, ) Min, Oh fòrte! Seie, ( Ah qual’ impegno ! ) Sibar. ( Or s’ avvicina a morte/) Ire. Via Scitalce, che tardi* il Re tu lèi. Tarn. E gli è dubiofo ancora, (4 Sem. ) Sem. Al fin rifòlvi. Scie. E Nino Lo comanda a Scitalce * Sem. Io non comando, Fa il tuo dover. Seit. Si Io farò, ( l’ingrata Si punifea così. ) d’ ogn’ altro amore Mi (cordo in quefto punto. . , ah non ò core. ( volendo bere, poi /’ èrre(la, ) Porgi a più degno oggetto 11 dono o Principeffa, io noni’ accetto. Qofa la tazze, ) Tarn, Come! Sibar, ( Oh sventura I) Ire. E lei ricufi allora, Che al' Regno ti delfina ? Non s’offende in tal guilà una Regina. Sem. Qual cura ai tn, fe accetta O fc rifiuta il dono? Ire, Io fono Difenfòr di Tamiri. E tu non devi La tazza ricufar, prendila, e bevi. Tarn. Principe, in van ti sdegni, ... Ire, No no, voglio, eh’ ei beva,