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18 ATTO I. Flavio. Precorfero i tuoi palli E Metellio, e Volunnio. Ludi. E pur non veggo, Ch’ ei venga ad incontrarmi, Riforge il mio timor, crefce il mio affanno. Cieli, che farà mai? . Flavio. Che altro amor io trattiene, or or vedrai. SCENA V. Lucio Vero, e Detti. Lue. Ve. /~\ual deftin, Principeffa, V^iln Efefo ti feorge: E perche mai? Ludi. Signor, già 1’ anno e fcorlò Da che fiacceai i* orgogliofa tronte All’ Eufrate, all’ Oronte 5 or qui che rai. Lue. Ve. Vinfi è.vero, ma il vinto Era ancor da temerli 11 mio loggiorno, Ch’ ozio fembra a Romani, A nemici è terrore. Flavio. Suo nunzio, e luo mi mitro ^ Aurelio - a te m’invia: Sua Figlia c quella, La cui man ti fa Cefare, e t’inalza Al governo del Mondo: Più non lice tardar. Cefare, Lucio , Qual d’ ambo i nomi a te più aggrada, eleggi: O Suddito, o Monarca, O rendi il Lauro, o lerba il patto, e reggi. Lue. Ve. Flavio, il zelo, ch’eccede, E’colpa in chi è Vauallo: 1 Pur tutto al grado, al merto Di chi t’invia meffaggio, Tutto all’amor di chi vieti teco 10 dono; Ma penfa, eh’ancor io Cefare fono. A te per tanto, o Spola, Meglio