n ATTO II. In cofi dubbia forte Ogni rimedio è vano, peggio incontrar la morte, O al fuperbo African porger la mano. L’uno c P altro mi fpiace, e,fon confufa. Al fin femina , e fola, Lungi dal patrio Ciel, perdo il corraggio; E non fia meraviglia *, S’io rifolver non so : tu mi configlia. Enea. Dunque, fuorché la morte, O il funeftò-'lÉnenio',' Trovar non fi potria fcampo migliore? Did. Vera pur troppo. "Enea. E quale? Did. Se non rtiegnava Enea d’ eiTer mio Ipofo , L’ Africa avrei ve,duta> . DalP Arabico feno al Mar d’Adiante, , 111 Cartttgo adorar la &*a P.agnant*. Dimmi: che far degg’io ? con alma forte, Come vuoi, Iciglierò Jarba ; o la morte. ss,. Enea. Jarba, Q la morte? e configliarti io deggio? Colei, che tanto adoro. All* odiato rivai vedere in braccio? Colei . . Did. Se tanta pena . Trovi nelle mie nozze, io le ricdlò; Mà per tormi agli infiliti, Ncceflario è il. morir. Stringi quel brando j Svena la tua fedele. E 1 pietà, con Didone P elfer crudele. Enea. Ch’ io ti fveni ? ah 1 più torto Cada fovra di me del Ciel lo IHegno. Prima , fcemin gli Dei , Per accréicer tuoi giorniji giorni, miei. Did.