ATTO.IL \ Caro amor Quello cor Si collante ogn’ or farà. ^ - E la morte più crudele Venga pure, Che per te lieta mi fà. Di quell alma&c. SCENA X. Stanze di Didone. Didone, e poi Enea. DM. Incerta del mio fato Io più viver non voglio. E’ tempo ornai» Che per 1’ ultima volta Enea fi tenti. Enea. Ad aftolrar tfi «uovo Rimproveri tuoi vengo, o Regina! So, che vuoi dirmi ingrato, Perfido, mancator, fpe’-giuro, indegno. Chiamami come vuoi, s’ foga lo fdegno. Dìd. Nò; fdegnata io non fono. Infido, ingrato, Perfido, mancator, più non ti chiamo Rammentarti non bramoi nollri ardori. Da te chiedo configlio, e non amori. Siedi. Enea. ( Che mai dirà ? ) D/d. Già vedi, o Enea ! Che fra nemici è il mio nalcente Impero, Sprezzai fin ora, è vero, Le minaccie, c 1’ furor; mà Jarba offelò, ^ Quando priva farò del tuo foftegno, Mi torrà per vendette e vita, e Regno.