40 ATTO' II tuo rigor di più?Non faijnon fai La cagion del mio duolo ? Quello mi neghi aucor picciol riftoro Di?aper,che per te facciole mi moro ? Quello tacer,quello morirfoh Dio) Merta dunque si poco ? Dimmi,deh dimmi almen.fAntioco veggio Che languifci,che mori, E mi duol,ch’io non poffa Porgerti aita:il mio decoro il nega, Il deftmo’l contende. .Soffri,relì (li,e ti folleui alquanto Il faper,che potendo Sarei pronta à giouarti J Queflapicciol pietade „Ólcurarebbe forfè il tuo decoro ? ,, In che s’offenderebbe „ La tua mode(lia?dt?mà perche forda „ Vuoi calpeflar con inhumano fallo , ,, D’vn moribondo i miferi (Inmilti ,, Di, che gl Affètti miei ti fono occulti. Str. Egli nà ragion ( che dico ? ) Debil alma tu cedi ì à parte E fe così dicefTì Qual rimedio n’hauredi ? Art. vTuer felice in quel momento. Str. E poi j An. Penar tacendo . Str. Dunque Non e rimèdio ? An. Sì,ma tollo cella , Str. Dunque che vai? An D’aita,. Str.A che;^;i.A morir.S/r.Ne d'impedirlo balla? An. No,ch’e lieue rilloro. Str. E qual ballante Sarebbe poi? ui»r.Niuno. Str. E vano dunque. Ant. Nò perche confola • Str. Ma come vaiti van rimedio,e morte , Ant. Così vuol crudo Fato ( I 0 1 Str. Pofs'io.mutarlo?^»r.Nò.5/r.Puoi tu fojfrir- Ant.