ì> r imo: u Lieue hà l’acerba piaga ... '•A. ( Con lì bella ferita , ò Dio m'impia°a) Doii'bo io per te vino, à Belila orrenda Già ni inuolafti, è’1 fangue di tuevene ■•etili ^ P r ò de la mia vita Dfa. Macchiò la. Fera , e imporporò Patene . , >». O de i Bofchi, ò dei cor Diua , e Rema , Quefto fangue , che ftilla il fianco aperta Confacro aitilo gian metto. lid.foCiel chi vide mai luci più belle* a ce A predar queft'alma mia , ar Vanno à Caccia oggi le fiele.) 3 3or. Ahi duol. Ze/. Verlì di pianto i Tepidi fiumi ; Dar. Ah’di punturr a cpfa ‘ Prouo t’angofce r -<d. ( Puntura afeofa ? Zel. Ou’è ripofta} ^or. Al core . L’d. Al core > Dor. Sì Porto-ai core Pafpra ferita, Che da vn ciglio aperta mifii. Sento ò Cicli rapirmi la vita , Infelice non viuo più . , ’Ctl. ( Viue di quefto volto in feruitù . ) LiA. Nata , fcopri, e palefa, Lo Uraliche ci faetta? Dor Ah’che troppo a Ito Sparge il mio Sole il lume, E temo Icarò amante arder le piume. 4 ei ° femplice.che fei} l’Arcier dè cori Parità non ammette : Battezza di natal non è demétto , Per chi hà bel volto il godimento è certo ì - HA. Non più; lecchiti alcione Al cadente Garzon medica aita Addio Dorilbo. Dor.~) mia vita ) 2, Addìo Paftore,D,Ad'.lioi<. >« 3.(dolce lutti A» f‘ L/W, II*. — I