T R I M 0. IJ Di condurmi cattili» Altri à fe- non afcriua , Và dinanzi à Scipione-. Duce inuitto di Roma, Trionfator de’ più feroci Regni, Soggiogafti Cartago j Anch'io foggetea Ne la caduta vniuerfal ti fono : Ma con arbitrio incerto Cefler ol’altri à la forza, io cedo al merto. Scip. (Che firena amorofa !) Gettinfi le catene, il piè riforga. L’anima generofa Cor difeortefe nel mio fen non feorga . Ma, fe non t’è molefto, Dammi de I’efler tuo qualche contezza ’ (Che tormento de l'almc è la Bellezza ') j? r . Nacqui Cartaginefe II Padre ,c gi’Alli Quiui regnaro infili che d’anni grani CelTero al Fato, Al Prencipe Luceio., Che à Celtiberi impera, Sperai d efler cotiforte : Hor di tè vincitor lèguo la forte. Scip■ » Vanne à la Reggia, ò bella , E il dolce fpofo attendi, „ Che per farci godere hore ferene „ Ti riferbo à le gioie : (e mejà le pène.) „ Di tua forte, ò bella godi „ che per far prigione vn*co .e ,, Tede Amore ,,'Del tuo crin catene,e rodi j parte : Di tua forte,