i8r A T T O' C*.Mà Cefare qui vien. CI. Con l’arti ufate ? Fingali lol ver lui gelofo amore ; fiSu, le lufinghe tue rifveglia, ò core.} <■ SC £ N A HI. * Ottone, e fudetti. ^ °^^'LeoniIla à tè ne vego, acciò fra que < Solitari! ritiri, Vfl," De 1 Impero Iafciando il grave incarco ,j x Più del tuo bel mi goda. r .Celare a, che mentir ! forfè non veggo, xual cieco, oblio ricopra, Av que , Pp'? 0 ? lllor la cara imago ! 1 ì •Quai d gliaze importune! e quale ioskt *J Frenetico parlar fui tuo bel labbro ! Porle non miro, ò Dio,. Quanto brevi: fonl’ore Che concedi al mio cor di vagheggiarti 2 Quando allor che m’amavi, Oen> «=“‘a obliando, I giorni interi Meco ne Itavi à' raddolcir le pene, Del tuo tenero amor.. Of.Deh ceffa orma Con rimproveri ingiufti Di rinfacciarmi quel c h’ io mai non feci Male pur tralalciai per qualche iftante Di feguirti, adorarti, i i ori ti chieggo ) _ grave mìo error già fon pentito . 0.(0 lcaltra D 0 na,òImperador tradito.)-»/ CI. Quei vezzi, e quei forrifi, Quegli ardenti fofplri, e quelle care. Barolette atnorofej Che;