LUDWIG van BEETHOVEN Terzo Concerto in do minore per pianoforte, op.37 (1800-02) Da giovane, Beethoven conquistö la grande aristocrazia viennese come virtuose di pianoforte. Con il suo carattere e con la sua opera egli trasfor- mö 1 rapporti esistenti tra i concertisti piü famosi del tempo (Clementi, Hummel, Steibelt, Viotti, Cramer, Kreutzer, Paganini e tanti altri) e il pubblico. Il virtuosismo mirabolante della nouvelle vague concertistica, cosi diverso e lontano dalla perfezione mozartiana raggiunta grazie alla perfetta fusione tra concertismo e sinfonismo, tra interioritä e drammati- citä, e oggi riconoscibile per la sua mancanza di sostanza musicale e per- che appare del tutto fine a se stesso. D'altra parte l'opera di Mozart, es sende perfettamente realizzata in se, non poteva essere migliorata. Beethoven scelse dunque un'altra strada e la percorse senza tentenna- menti, anzi con intemperanza provocatoria, eccentricitä di carattere e con "libertario talento" (per dirla con Carli Ballola): doveva allontanarsi in modo riconoscibile dai modelli galanti e sottolineare i contrasti ehe la nuova sensibilitä romantica teorizzava nei suoi modelli logici. Il Terzo Concerto per pianoforte e, a tale riguardo, un laboratorio sperimentale; l'autore era cosi convinto di aver toccato vertici prima impensabili ehe si indusse perfino a ridimensionare nel giudizio la qualitä dei suoi due pre- cedenti concerti. Nella tonalitä di do minore si puö riconoscere una scelta programmatica ehe rinvia alla Patetica e alla seconda Sonata per violino e pianoforte dell'op.30. Anche l'inizio marziale e brillante, caro al gusto di Beethoven, ribadisce l'impressione di un lavoro importante, al quäle l'autore affida destini sostanziali, non soltanto appariscenti. Il secondo tema, cosi tene- ro, amabile e raccolto, accentua un doppio contrasto: quello strutturale dell'opera e quello storico con i lavori dei contemporanei. Nel secondo movimento il compositore si abbandona al sogno dimenticando l'arma- mentario tecnico impiegato nel vistoso primo tempo e affidandosi a un fervore creativo ehe coinvolge sopra ttutto gli aspetti timbrici, dopo l'esta- tica apertura del pianoforte. Con il terzo tempo si torna alla tradizione. Non mancano, come nel primo tempo, le novitä emozionanti; ma l'im- pegno dell'artista si appunta sull'incontenibile gioconditä della danza ehe precede il finale. Lo Stile concertante appare dunque in quest'opera raggiunto compiutamente, del tutto personalizzato e autonome rispetto al concertismo coevo.