il carnefice suo. M’inghiotta il suolo prima ch’io tal divenga. Ah! non ho cOre, Vitellia, a secondar gli sdegni tui: Morrei prima del colpo in faccia a lui. S'impedisca . . . Ma come! . . . Arde giä il Campidoglio! . . . Un gran tumulto io sento d’armi, e d’armati! . . . Ahi tardo e il pentimento Deh, conservate, oh Del! A Roma il suo splendor; o almeno i giorni miei coi suoi troncate ancor! Annio. Amico! dove vai? Sesto. Io vado . . . Io saprai, o Dio! per mio rossor. (a parte.') Annio. Io Sesto non intendo; mä qul Servilia viene. Servilia. Ah, ehe tumulto orrendo! Annio Fuggi di quä, mio bene! Serv. Si teme, ehe Pincendio non sia dal caso nato, ma con peggtor disegno ad arte suscitato, Coro in dißanza. Ah! . . . Publio. V'e in Roma una congiura; per Tito, aime! pavento! Di questo tradimento chi mai sara Pautor! Coro. Ah I . . . Serv. Annio J Le grida, aime! ch’io sento ePublio. 0,3. | mi fan gelar d’orror. Coro. Ah! . . . Vitellia. Chi per pietade, o Dio! m’addita, dov ? e Sesto? In odio a me son’io, ed ho di me terror. Serv. Ann. f Di questo tradimento e Publio. ( chi mai sarä Pautor? Coro. Ah! . . ,