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Terzett, aus der Oper: Le trame deluse, von Cimarosa. JD. Artabano. Scendi, o cara, adagio, adagio, ehe il gradino e rotto, e storto, qui Don Nardo, o vivo, o morlo, ritrovare si dovrä. Ortenzia. Sommi Dei! ehe loco e questo, ehe recinto, oh Dio, funesto! Ah chi sä C[uel poverino dove mai si troverä! D. Nardo. Ove sono omai rinchiuso? Ahi di me ! ehe brutta fossa! Ogni toppa e assai piü gi'ossa d’un magione in sommitä. Ortenzia. Hai sentito? D. Artab. Si ehe ho inteso un lamento cupo, e tardo. Ortenzia. Jo la voce di Don Nardo chiara, chiara ho inteso quä. D. Nardo. V’e scorpiotii, e d’iminondizie, grosse aragne, e gran sporchizie! D. Artab. e Ortenz. Ehi Don Nardo! Don Nardo. Chi mi chiama? GP allri. Dove sei, non veggo ancora. D. Nardo. Eh cavalemi! in malora ehe non posso proprio piu. GP allri. Via coraggio , cospetlone I Non temer, noi siamo quä. D. Nardo. Sto qui ad uso di mellone da mezz’ora in fresco quä. Ortenzia, Giusti Dei, ehe colpo e questo giä mi sento, oddio, mancarj 1). Artab. Al riparo presto, presto; via cacciamolo di quä! D- Nardo. E' tagliata, o nd la fune? D. Artab. Per adesso, Signor, nb! Ortenzia. f Quanti affanni, astri tiranni, I sto provando in questo di! D. Nardo, j Presto ajuto, ehe s’aspetta, / ah scassate, aprite quä! e \ Che disgrazia, oime! ehe gente I non sentivano a chiamar. D. Artab. I Oh ehe fune maledelta, a 3. x io son stanco in veritä!