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Giasone. Perche, Io vedi, il tuo furor lo mostra. Ma si tronchi il garrire; i doni accetta, ehe il core di Giasone e pronto a darti; non irritar questi sovrani, e parti 1 Media. Sian teco i doni tuoi, degli empi i doni traggono seco degli Dei lo sdegno, e questo sia con te. Vanne, si, vanne! della gradita amante ti macera il desio. Come potesti starne lungi sin’or, lasciarla in pene? Vanne, ehe forse ella giä langue, e sviene. V anne Si, vanne, il tempo cogli, perche nera procella in Ciel si muove, e veggo i dardi folgorar di Giove. Se mi abbandoni, ingrato, se mi tradisti, indegno, Pira del Ciel sdegnato paventa, o traditor! Giasone, Lagnarti dei del fato, ne puoi chiamarmi indegno; tu rendi il Ciel sdegnato col dirmi traditor. Medea. Empio, cosi favelli? Giasone. Di piü non irritarmi! Medea. Crudele, e puoi lasciarmi senza sentir pietä? Giasone. Invano di destarmi procuri in sen pietä. Medea. E non rammenti i figlj ? Giasone. La madre, e i figlj obblio. Medea Ah! chi provd del mio e piü amaro, e fier dolor? Giasone Ah mi si desta, oh Dio, a 2. ( qualche rimorso al cor! Medea. Dove trovar piü calma quest’ alma, oh Dio, non sä. Giasone. La pace di quest’ alma turbando, oh Dio, si vä. a 2. Tutti in tumulto io sento gli affetti del mio core, e Palma in un tormento, ehe delirar mi fä.