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gencroso sublime pcnsier;' poi languiremo nel sen d’amore, di dolce giubilo, di bei piacer. z-a •> f L’invita, t’attende, Ora d campo lm , invita ’ ? m , alte)lde> coi furori di Marte in sen; poi torneremo fra il dolce ardore, a pascer l’anima contenta appien. Zweiter T h e i r ariationen, für das Violoncello, comp. v- B. Romberg, gesp von Hrn. Löwe aus Hamburg. Finale, aus Ogus, von Winter. (Auf Begehren wiederholt.) Timur e Marone. Sol per tre di le a 2. feminine un armistizio chiedono; giä come volpi in trappola costoro ben si vedono, Marone . ,. , Timur lstess0 drcalo, ehe a molte favellö. Ogus. Sdegnato, ed implacabile con lor mi serberö. Marone Eppur, Signor, fra quelle, ah, ve ne son di belle! Ogus. Che intendi, ola ! ehe inten di per questa lor beltä? Marone. Eh, parlo io al presente metaforicamente; per belle intendo giä tutt’ altro in verita. Tim. e Mar. Eccole ehe s’avanzano, eecole appuutogiä! Egle. A voi si presen ta colei, ehe qua impera, amica sincera, se tale si vuoi. Mar. Cospetto! ehe aspetto! risplende quäl sol. Clizia. La prima miinstra a voi fa un inchino. Timur. Io son nelle brace, son cotto di giä; pur questa ha un visino, ehe a gen io mi vä Mar. Per Bacco! mi piace, gran voglia mi fä. Barbarina. Io poi non ardisco di farmi piü avanti, perche non ho vanti di gran nobillä. Ogus. Al rango ehe avete, son’ io indifferente, per nie vi disprezzo ciascuna eguahnente; so quel ehe volete, ci voglio pensar. Le clorine. Gradire vi piaccia i nostri present!, son frutta squisite, son vini eccellenti, . e quel di migliore ehe il luogo puö dar.' Ogus. Le dünne non danno se non per inganno,