Fa de’ tuoi sguardi un sol, la mia felicitä! Ah, Giulia , il Ciel sarä di noi geloso. Dee Venere all’ Amor la sua possente aita. Eil’ e, ehe Fede puö farti del mio cor! — Giul. Ti scosta omai, da quest’ altar funesto! La fiamma muor. — Lic. Casta Divinitä! Disperdi un fier presagio! — Tutto e, Vesta, il mio crime, l’amar chi ti somiglia! E in noi la fiamma e tal, ehe della tua par figlia. Giul. La figlia di Saturno intese i nostri prieghi; dell’ infiammato altar col fulgido splendore brillar fa inlorno a noi il suo divin favore. Lic. Ah! duhitar chi puo, d’un poter ehe s'adora ? E quäl v’e Dio, ehe, se Giulia 1’ implora, potria non la sentir, ne l’ira sua depor ? Giul. Alla gioja or rinasco! — Del giä fu Non ho piü ch’ un debil sowenir. Qual nube mai estendersi vegg’io sull’ avvenir — Ah! tutto, quest’ istante riunir fa besser mio. a 2. Oh istante! Oh piacer! lo son vicinn o a te. Lic. Ne’ tuoi be’ rai giä inehrio il core. Giul. E tutto il mio giä in man d’Amore. a 2. Andiam! Sui sacro altar, di spos^ avrai la fe. Lic. / Quel ch’io sento a te d’ap- presso I mi f a i Numi e ’l mondo ob- c bliar. Giul. j Ah, l’eccesso del contento I mi fa i Numi e’l mondo V obbliar! a 2 " . Öh tu ’ di me meta fedel, ein te ch’io trovo e’l mondo, e il ciel! ei lo sa, mio ben, se t’amo, l’orbe intier nulla e per me. Giul. f E pei’ te sol, ch’io viver J bramo. Lic. 1 S1 per te sol io viver bra- ( mo. a 2. Vieni! sü quest’ altar, Di spos^ avrai la fe.