CAPITOLO SETTIMO successero in Roma, e il suo figlio Costante, sull esempio del'padre, tolse dal Panteon tutte le statue di bronzo che inviò a Costantinopoli, e che finirono più tardi in rozza moneta mao mettana ; come il figlio di Eraclio fece traspor tare a Siracusa quanto potè raccogliere di simil genere , preparando colà un ricco deposito e una preda all’ avidità dei Saraceni. Questi spo gli furono veramente fatali, tanto più che pe rirono molte navi in occasione di trasporti, e il mare contese cosi al ferro ed al fuoco la distruzione di quanto gli uomini avevano ope rato , che emular potesse l’opere della natu ra ( i ) ; e fra le cause della maggior decadenza delle arti sotto l’impero di Costantino bisogna dar molto alla sua assenza da Roma, ai diritti concessi ai cristiani, alle discordie insorte fra le chiese greca e latina, alle invasioni, alle sette, agl’iconoclasti e alle interminate ostilità civili, come andremo vedendo . Mala distruzione totale e vera degl’ idoli del paganesimo deesi ripetere da Graziano e da Teodorico, giacché solamente sessant’ anni do po il regno di Costantino furono rovesciati i templi del mondo romano, e vennero proscritti i collegi dell’ordine sacerdotale che esistettero da Numa a Graziano. Fu abbattuta l’ara della Distruzio ne de’ mo numenti sotto Gra ziano . ( i ) Procop. de Bel. Vandal.