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*4 ATTO III. Jarb. Già ti difende Enea; tu fei ficura. Did. Al fin farai contento. Mi volerti infelice: eccomi fòla, Tradita } abbandonata, Senza Enea, fenz’ amici, e lènza Regno. Timida mi volerti : EccoDidone, f Già fi faftolà, e fiera, àjarba a canto. Al fin dilcelà alla viltà del pianto. Vuoi di più? via, crudel, pafiàmi, il corc. E 7 rimmcdio la morte al mio dolore. Jarb. (Cedon gli-fitegni miei. ) Seltn. (Giufti Numi, pietà. ty». Stìccorlò, oDei!) Jarb. E pur Didone, • pure Si Barbaro non fon , qual 4» mi credi, te offclb-io ti perdóno, ; E mia Ipofa fi guido, al letto e al, trono. Did. Io fpofa d’un tiranno? D’ un empio, d’un crudel, d’ un traditore., Che non sà, che fia fede, Non conolce.dover, non cura amore?; S’io folli coli vile Saria giufio il mio pianto, Ma la disgrazia mia non giunge a tanto. Jarb. In fi milèro fiato infulti ancora? Olà, miei fidi; andate S'accrelcano le fiamme: in un momento Si diftrugga Cartago, c non vi refti, Orma d’abitator, che lacajpefti. (Portano i Mori, Ofmìdaj a Sdentdifptrati.) Cadra