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Con cer t auf dem I’ianoforte, coinpon. von Mozart, gesp. von Madame Müller. Terzett, von Cimarosa, gesungen von Demois. Schneider, den Herren Schulz •und Schmidt. D. Artabano. Scendi, o cara, adagio, adagio, ehe il gradino e rollo, e storto, qui Don Nardo, o vivo, o niorto, rilrovare si dovrä. Ortenzio. Sommi Dei! ehe loco e questo, ehe recinlo, oh Dio, funeslo! Ali chi sä quel poverino dove mai si troveräl D. Nardo. Ove sono omai rinchiuso? Ahi di me! ehe bi’utta fossa! Ogni toppa e assai piii grossa d’un niagione in sonnnilä. Ortenzia. Hai senlito? D. Artab. Si ehe ho inteso un lamehto cupo, e tardo. Ortenzia. Io la voce di Don Nardo chiara, chiara ho inteso quä. D. Nardo. V’e scorpiotii , e d’immondizie, grosse aragne, e gran sporehizie! D- Artab. e Ort. Ehi Don Nardo! Don Nardo. Chi mi chiama? Gl'altri. JDove sei, non veggo ancora. D-Nardo. Eli cavalemi! in inalora ehe non posso proprio piü. Gl’altri- Via coraggio, cospetlone! Non .temer, noi siamo quä. D. Nardo. Sto qui ad uso di melione da mezz’ora in fresco quä. Ortenzia. Giusli Dei, ehe colpo e questo giä nai sento, oddio, mancarl D. Artab.’». ÄI rjparo presto, presto; via cacciamolo di quä! D. Nardo. E' lagliata, o nö la fune"? D. Artab. Per adesso, Signor, nö! Ortenzia. / Quanti aflanni, astri tiranni, I sto provando in questo di! D. Nardo. I Presto ajulo, ehe s’aspetta, } ah scassate, aprite quä!